Credito per PMI nel post pandemia

Il 73% degli istituti di credito italiani ha inasprito i criteri di accessibilità ai prestiti alle imprese rispetto al periodo pre Covid e oltre la metà non utilizza ancora la tecnologia per generare uno scoring basato sui dati delle transazioni bancarie.

Il problema è dunque molto serio, E sinceramente non c’è bisogno dell’ennesimo rapporto a confermarlo, perché è facile intuire come il clima economico attuale “imponga” al mondo bancario valutazioni di accessibilità più rigorose rispetto ai modelli di prestito tradizionali. E non serve grande immaginazione o competenza statistica per intuire che a pagare gli effetti di questo scenario di totale incertezza siano soprattutto le imprese piccole e meno strutturate.

Un recente rapporto realizzato dalla Società Tink, una delle principali piattaforme di open banking in Europa, ci dice che il 73% degli istituti di credito italiani ha inasprito i criteri di accessibilità ai prestiti dopo la pandemia, lasciando al palo le aziende con i requisiti peggiori. Per le Pmi, insomma, piove sul bagnato, e non ci sono troppe avvisaglie che la situazione possa cambiare nel medio periodo. Oltre la metà degli istituti di credito italiani (il 55% per la precisione) non fa uso delle tecnologie digitali per generare un punteggio di credito basato sui dati effettivi, mentre il 50% non vi ricorre per valutare  l’accessibilità complessiva.

Alla richiesta del perché si utilizzino ancora vecchi schemi per valutare il presente e soprattutto il futuro le risposte sono state piuttosto disarmanti e si posso no riassumere in :

Impossibilità di stimare i costi variabili (vale il 38% delle risposte).

Difficoltà di classificare i comportamenti a rischio (35%).

Incapacità di verificare il patrimonio (31%) e di accedere allo storico dei pagamenti (29%).

Eppure, come racconta ancora, il rapporto di cui sopra,  non manca una crescente propensione delle stesse banche ad abbracciare le tecnologie basate su tali  modelli nei prossimi 12 mesi ( 42% degli isitituti di credito ) 

Il punto quindi è proprio questo. Quante Pmi rischiano di fallire o di non poter innovare e quindi restare competitive sul mercato entro i prossimi 12 mesi perché non hanno trovato la liquidità necessaria a superare il momento critico attuale?  Difficile rispondere.

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