CDP emettera’ il primo “ Panda Bond “

La Cina autorizzerà Cdp ad emettere ‘Panda’ bond, consentendo all’Italia di essere il primo tra i principali Paesi europei a vendere debito agli investitori nella Cina continentale.

“Possiamo confermare che Cdp potrà raccogliere capitale utilizzando i Panda bond”, ha detto a Reuters il vice presidente di Bank of China, Lin Jingzhen, a margine del Forum Italia-Cina in corso a Roma.

Un Panda bond è una obbligazione denominata in yuan, emessa da una società non cinese ma venduta in Cina.

Il presidente cinese Xi Jinping è arrivato giovedì a Roma per una visita di tre giorni durante la quale firmerà un accordo che farà entrare l’Italia nel piano infrastrutturale “Belt and Road”, nonostante l’opposizione degli Stati Uniti.

In parallelo sarà firmata anche una dozzina di altri accordi, secondo una fonte vicina al dossier.

Tra questi, Cdp dovrebbe firmare un memorandum d’intesa con Bank of China per cofinanziare aziende italiane che hanno già investito o sono sul punto di investire nel paese asiatico.

“Il programma Panda bond prevede più emissioni, emetteremo a brevissimo la prima tranche. Abbiamo già una completa copertura da parte delle imprese italiane interessate ad essere finanziate tramite la raccolta di questi strumenti”, ha detto a Reuters Nunzio Tartaglia, head di Cassa per le imprese, gruppo Cdp, a margine del forum Italia-Cina.

“Abbiamo riscontrato un forte interesse da parte delle imprese italiane. Per la prima emissione parliamo delle prossime settimane, parliamo più di settimane che di mesi”, ha aggiunto.

Sulle imprese italiane che saranno finanziate con la raccolta dei Panda bond, Tartaglia dice: “C’è prevalenza di mid corporate dai 50 ai 500 milioni di fatturato in euro. Sono imprese che operano nei settori classici del Made in Italy: meccanica, manifattura, fashion design”.

Ico e Consob

Consob, l’autorità italiana per la vigilanza nei mercati finanziari, ha sottoposto a consultazione pubblica una proposta per regolamentare l’emissione e la circolazione di cripto-asset, tra cui Initial Coin Offerings (ICOs) tramite piattaforme di equity crowdfunding.
 
La consultazione ha l’obiettivo di avviare un dibattito a livello nazionale in connessione con la diffusione delle ICO e, quindi, di crypto-asset nei quali investono i risparmiatori italiani. Con un atteggiamento sufficientemente aperto il documento di discussione della Consob, che si sostanzia in 15 domande aperte ai soggetti interessati, non vuole precludere e limitare le opportunità di un settore in costante evoluzione, avviando invece un confronto sui temi per dare sicurezza al mercato in prospettiva.
 
Le ICO rappresentano infatti “una modalità innovativa di finanziamento di attività che si realizzano mediante l’emissione e la successiva offerta al pubblico di token” generati avvalendosi della tecnologia blockchain. Queste operazioni, sottolinea Consob nel suo documento, “possono determinare negli acquirenti aspettative di rendimenti/ritorni economici rappresentati, a grandi linee, da proventi in via diretta, parametrati all’andamento dei ricavi, dei volumi di beni e servizi venduti o dei profitti dell’iniziativa imprenditoriale, e in via indiretta, correlati al potenziale apprezzamento del valore dei token negoziati in exchange dedicati”.
 
Perché – e questo è una premessa su cui Consob è chiara – di investimenti si trattache necessitano quindi di un’adeguata tutela del risparmiatore, ovvero di fornire “tutte le informazioni necessarie affinché i potenziali investitori possano valutare compiutamente gli investimenti proposti” e le modalità per liquidare gli asset in piena sicurezza e in un mercato neutrale.
 
Secondo Consob, gli operatori meglio posizionati per poter offrire professionalmente assistenza nella realizzazione delle offerte di cripto-attività a un numero potenzialmente indeterminato di investitori appaiono proprio i gestori di portali di equity crowdfunding, soggetti al regolamento specifico che rappresenta un modello d’eccellenza.
 
Con la consultazione di Consob, che fa trasparire le proprie posizioni, l’Italia si pone  al centro di una discussione a livello europeo, individuando un possibile strada coerente volta a attrarre innovazione e ponendo il Paese sulla buona strada per l’apertura di un dibattito e l’individuazione di soluzioni sostenibili.

Agroalimentare e digitale: binomio vincente

L’innovazione digitale e’ ormai protagonista nel comparto agroalimentare, settore che sperimenta soluzioni smart per aumentare la competitività e soprattutto migliorare qualità e tracciabilità del Made in Italy alimentare.

Sono già trecento le soluzioni innovative disponibili per supportare l’Agricoltura 4.0, intesa come utilizzo di tecnologie interconnesse per migliorare resa e sostenibilità delle coltivazioni, ma anche la qualità produttiva e di trasformazione e le stesse condizioni di lavoro.

Secondo i dati diffusi dall’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio RISE (Research & Innovation for Smart Enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia, infatti, sono le stesse startup a proporre soluzioni digitali nei settori agricolo e agroalimentare: ammontano a cinquecento le imprese attive a livello mondiale in ambito eCommerce (65%) e Agricoltura 4.0 (24%).

L’innovazione digitale è una leva strategica per il settore agroalimentare italiano, in grado di garantire maggiore competitività a tutta la filiera, dalla produzione in campo alla distribuzione alimentare, passando per la trasformazione – afferma Filippo Renga, Direttore dell’Osservatorio Smart AgriFood -.

Il successo delle imprese agricole passa sempre di più dalla capacità di raccogliere e valorizzare la grande mole di dati che si genereranno, soprattutto per ottenere il controllo dei costi e l’aumento della qualità della produzione. Va evidenziato comunque che tra gli attori del settore emerge ancora poca chiarezza su come sfruttare queste opportunità; un segnale che serve investire nella creazione di sane competenze, al di là delle mode.

Molto evidente, inoltre, è l’impatto del digitale sulla tracciabilità alimentare, tanto che il 30% delle imprese che adottano soluzioni digitali di tracciabilità – sono 133 le soluzioni tecnologiche per la tracciabilità alimentare disponibili sul mercato italiano – ha rilevato un calo degli errori di inserimento dei dati e del rischio di manomissione.

Start Up, PMI innovative ed incentivi Fiscali

Per il 2019 sono presenti nuove agevolazioni fiscali per chi investe in start-up e PMI innovative.
Ecco cosa cambia per i potenziali investitori nel 2019 e come usufruire dei vantaggi.

La Legge di Bilancio 2019 (legge 148 del 30 dicembre 2018, art.1, comma 218) ha stabilito l’incremento dell’aliquota delle agevolazioni fiscali per chi investe in startup e PMI innovative, sotto forma di detrazione IRPEF per le persone fisiche e di deduzione IRES per le persone giuridiche. “Il predetto incremento sarà pienamente efficace previa autorizzazione della Commissione europea secondo le procedure previste dall’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea”, parte del testo della manovra finanziaria.

I benefici spettano, come per l’anno scorso, sia a persone fisiche sia a società con i medesimi limiti precedenti. Cambia la somma detraibile e deducibile:

40% di detrazione fiscale IRPEF, in caso di investimento come persona fisica nel capitale di Start-up o PMI, per un massimo di 1 milione di euro investito all’anno, con un incremento del 10% rispetto al 2018;
40% di deduzione fiscale IRES, in caso di investimento come persona giuridica nel capitale di Start-up o PMI, per un massimo di 1 milione e 800mila euro all’anno con un incremento del 10% rispetto al 2018. Inoltre, le persone giuridiche diverse da imprese configurabili come start-up innovative che acquisiranno l’intero capitale sociale della start-up, avranno la possibilità di usufruire di incentivi fiscali ancora maggiori con un aumento della detrazione dell’aliquota IRPEF fino al 50% del capitale investito;

In entrambi i casi, come per gli anni precedenti, per non perdere l’agevolazione è necessario mantenere l’investimento per almeno 3 anni.

Queste agevolazioni fiscali si otterranno nel momento della compilazione dei redditi.
Ormai manca solo la conferma da parte sia dell’Unione Europea e l’ufficialità effettiva da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Una volta approvate saranno valide solo per gli investimenti fatti nel 2019.