Legge Bilancio 2019: come cambia il Credito d’Imposta Formazione 4.0

Anche nel 2019 le imprese che investono nella formazione 4.0 dei dipendenti potranno accedere al credito d’imposta, ma con soglie e aliquote diverse in base alla dimensione dell’azienda. Tuttavia restano esclusi dall’incentivo i liberi professionisti.

Introdotto dalla Legge di Bilancio 2018, il credito d’imposta per la formazione 4.0 è destinato alle aziende che investono in attività formative incentrate sulle conoscenze tecnologiche previste dal Piano nazionale Industria 4.0, ribattezzato Piano nazionale Impresa 4.0.

Obiettivo dell’incentivo è incoraggiare la partecipazione del personale delle imprese a corsi di formazione sulle tematiche connesse alla digitalizzazione dei processi produttivi. Come previsto dal decreto attuativo del 4 maggio 2018, il credito d’imposta spetta in misura pari al 40% delle spese ammissibili sostenute nel periodo d’imposta agevolabile e nel limite massimo di 300mila euro per ciascun beneficiario.

Si tratta di una misura che piace molto alle aziende italiane, come testimonia l’edizione 2017-2018 dell’Osservatorio Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano. In base al report, infatti, il 60% delle imprese intervistate ha deciso di usufruire del credito d’imposta per la formazione 4.0 o ci sta pensando.

Le novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2019

Rispetto all’anno 2018, le soglie e le aliquote dell’incentivo vengono differenziate in relazione alla dimensione dell’impresa beneficiaria:

per le micro e piccole imprese: il credito d’imposta viene attribuito nella misura del 50% delle spese ammissibili, nel limite massimo annuale di 300.000 euro;
per le medie imprese: il credito d’imposta spetta in misura pari al 40% nel limite massimo annuale di 300.000 euro;
per le grandi imprese: il credito d’imposta è attribuito nel limite massimo annuale di 200.000 euro e nella misura del 30%.

Esclusi i liberi professionisti, ma…

In un comunicato congiunto, l’Associazione dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (ADC) e l’Associazione nazionale commercialisti (ANC) fanno presente che la Legge di Bilancio 2019, esclude – come la precedente – i liberi professionisti tra i beneficiari del Credito d’Imposta per la Formazione 4.0.

“La professione del commercialista non può oggi esimersi dall’utilizzo delle smart technologies, soprattutto in considerazione delle richieste dei nuovi mercati che impongono procedure snelle ed efficienti e la piena collaborazione inter e intraprofessionale, anche in modalità remota”, si legge nella nota.

L’ADC aveva già denunciato le contraddizioni della manovra che, da un lato, incentiva i professionisti ad investire nelle nuove tecnologie utilizzate negli studi professionali e dall’altra esclude la possibilità per loro di scaricare il costo della relativa formazione.

Con riferimento al contesto europeo e nazionale, le due associazioni sottolineano come stiano sfumando “i confini geografici tra luoghi di lavoro e collaboratori e viene considerata impresa qualsiasi attività che produca reddito; in Italia invece prevale ancora l’idea che sia unicamente l’impresa tradizionalmente intesa a poter essere considerata degna di ricevere finanziamenti sulla tecnologia e si trascurano i professionisti, tra cui i commercialisti, che contribuiscono al PIL e alla creazione di posti di lavoro”.

Migliorano le esposizioni NPE

Le Non performing exposures (Npe) del sistema bancario italiano sono in forte miglioramento: il totale al lordo delle svalutazioni è passato dai 341 miliardi del dicembre 2015 ai 209 miliardi del settembre scorso. Lo afferma uno studio di Ey, il gruppo di Ernst & Young di revisione e organizzazione contabile.

Secondo la ricerca, la gestione degli Utp (Unlikely to pay, uno dei capitoli che con gli Npl formano gli Npe) è diventata una priorità per le banche italiane, con un valore dei crediti incagliati nei bilanci al netto degli accantonamenti di 52 miliardi.

Nel 2018, anche grazie al successo dello schema Gacs sulle cartolarizzazioni, le transazioni annunciate hanno raggiunto un volume di quasi 80 miliardi, con un incremento di quasi il 40% rispetto al 2017. “Nel corso dell’anno è proseguito l’impegno delle principali autorità europee per la riduzione dello stock di Npe e la definizione di livelli comuni di accantonamento, i cui impatti saranno significativi anche nei prossimi anni”.

Fonte : Investing.com